LA SPINTA AL LAVORO AGILE CHE FA BENE AD AZIENDE E LAVORATORI
Quando il resto del mondo parlava di smart working e in Italia doveva ancora arrivare, ne avevano tutti paura. Si temeva la scarsa produttività e l’isolamento. Si facevano fosche previsioni sul lassismo e sul rispetto delle tempistiche e, soprattutto, non si sapeva come affrontare il mancato controllo, una leadership da reinventare, nuovi punti di riferimento da definire.
Un nuovo modus operandi
Paure che poi sono risultate infondate. Perché, da quando lo smart working è stato regolamentato per legge (13 giugno 2017), il suo successo si è dimostrato travolgente e si sta affermando con diffusione e convinzione crescenti. L’Osservatorio del Politecnico di Milano lo definisce” una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.Gli smart worker in Italia oggi superano i 570mila, in crescita del 20% rispetto al 2018. La percentuale di grandi imprese che ha avviato al suo interno progetti di Smart Working è del 58%, e quella delle PMI è del 12%.
Si tratta di una vera rivoluzione, non solo nel modo di lavorare, ma anche, se non di più, nel modo di gestire il lavoro. Perché, a fronte di maggiore libertà, autonomia e flessibilità dei lavoratori, sono i manager a doversi reinventare e a dover adottare nuovi stili di leadership, basata su carisma, coinvolgimento, condivisione piuttosto che su autoritarismo e controllo. Come afferma Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano: “Smart working significa ripensare il telelavoro in un’ottica più intelligente, mettere in discussione i tradizionali vincoli legati a luogo e orario lasciando alle persone maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Autonomia, ma anche flessibilità, responsabilizzazione, valorizzazione dei talenti e fiducia diventano i principi chiave di questo nuovo approccio”.
Sempre l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha definito sinteticamente i quattro pilastri del lavoro agile:
1. profonda revisione della cultura organizzativa
2. flessibilità di orari e luoghi di lavoro
3. dotazione tecnologica
4. spazi fisici
Un nuovo paradigma culturale
Il primo passo per implementare in modo realistico e proattivo il lavoro agile è quindi un profondo e necessario cambio culturale, come testimoniano i dati di ricerca di Top Employers Institute (ente certificatore globale delle eccellenze in ambito HR, nel 2019 ha analizzato e valutato oltre 1500 aziende in 118 Paesi del mondo), che confermano la galoppata trionfale del lavoro agile e registrano che ben l’81% delle aziende esaminate lo considera una nuova forma di cultura aziendale, che favorisce la collaborazione tra dipendenti e una loro valutazione efficace e continua. Un nuovo modo di vivere e considerare il lavoro che si riflette anche nella progettazione e sistemazione degli uffici: l’81% delle aziende, infatti, provvede a un restyling degli ambienti, sia fisici sia virtuali, per adattarli alle nuove esigenze dei lavoratori agili. E anche la comunicazione tra manager e collaboratori si adegua: il 70% delle aziende utilizza i social media e li considera strumenti-chiave per una comunicazione efficace e diretta.
Cosa avremmo fatto in questo periodo di emergenza sanitaria se non ci fosse stato lo smart working?
L’emergenza sanitaria vissuta in questo periodo, come le sue possibili ricadute economiche ha portato alla ribalta il tema dello smart working. Il diffondersi in italia del COVID-19, spinge in queste ore molte aziende a chiedere a parte dei loro dipendenti di lavorare da remoto, applicando quindi lo smart working. Ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del 23 febbraio 2020 per facilitare l’avvio di tali pratiche subito, senza vincoli di accordi aziendali in genere previsti in questi casi. Molti economisti del lavoro in queste ore di emergenza sanitaria stanno parlando di gigantesca opportunità: accelerare l’adozione massiva di quel lavoro agile.
E le aziende impreparate a gestire il lavoro da remoto, come possono accogliere questo cambiamento?
A rendere possibile lo Smart Working sono le tecnologie digitali che permettono di scegliere il dove e quando lavorare, sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione. Le tecnologie che supportano il lavoro da remoto sono già diffuse. Secondo quanto rilevato dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano le soluzioni a maggiore penetrazione sono quelle a supporto della sicurezza e dell’accessibilità dei dati da remoto e da diversi device (95%), seguite dalle iniziative di Mobility, che prevedono la presenza di device mobili e mobile business app (82%) e dai servizi di Social Collaboration (61%).
Il nuovo modo di lavorare poggia su una comunicazione efficace all’interno ed all’esterno, attraverso i moderni strumenti di collaborazione e produttività aziendale, in modalità software as-a-service. Un esempio è la piattaforma di Aula Virtuale Adobe Connect, ideale per la collaborazione a distanza e il lavoro fra team dislocati in diverse realtà territoriali: messaggistica istantanea, gestione in cloud di documenti e flussi di lavoro, videoconferencing, condivisione documenti, sono gli strumenti che aiutano a elaborare e condividere contenuti facilmente da portatili, tablet o telefoni. Tuttavia la tecnologia da sola non basta. E’ necessario implementare un percorso di comunicazione e orientamento che le prepari le persone ad accogliere tutti i cambiamenti imposti da questa nuova modalità di lavoro.
Queste nuove piattaforme, utilizzabili da qualsiasi dispositivo mobile, superano le distanze fisiche e temporali e abilitano non solo lo Smart Working, ma la trasformazione digitale in ogni azienda, di piccole o grandi dimensioni.